1. La palla al Tribunale
Nel luglio del 2022 il Tribunale di Roma emetteva la prima decisione italiana in tema di NFT (abbreviazione di “non fungible token”) segnando un primo incontro della giurisprudenza con un tema di estrema attualità.
La disputa riguardava l’utilizzo da parte di una società specializzata nella tecnologia blockchain denominata Blockeras dei marchi denominativi “JUVE” e “JUVENTUS” e del marchio figurativo costituito dalla maglia a strisce verticali bianco e nere con due stelle sul petto; marchi questi tutti di titolarità del club Juventus.
La Blockeras, lanciando un progetto denominato “Coin Of Champion” tra il 2021 e il 2022, aveva intrapreso un’attività di creazione e commercializzazione di NFT associati a figurine digitali collezionabili, tra le varie, quella dell’ex calciatore Christian Vieri nella stagione calcistica 96-97 in cui vestiva la maglia della squadra Juventus.
Per quest’ultima figurina la società, se da un lato aveva ottenuto l’autorizzazione all’utilizzo dell’immagine del calciatore, dall’altro non poteva vantare l’autorizzazione all’uso dei marchi di titolarità del club Juventus. Quest’ultimo ha richiesto in via cautelare l’inibitoria alla produzione, commercializzazione, promozione e offerta in vendita diretta e/o indiretta degli NFT in questione, in virtù della violazione dei diritti di esclusiva sull’ uso in commercio dei marchi di sua proprietà.
Il Tribunale, rigettando le difese della società Blockeras fondate essenzialmente sull’assenza di una specifica registrazione dei marchi per gli NFT[1] o “prodotti virtualmente scaricabili”, accoglieva le richieste avanzate da Juventus con l’istanza cautelare.
Il Giudice, nel disporre l’inibitoria, sembrerebbe aver ritenuto di fondamentale importanza la notorietà del club Juventus e dei relativi marchi, squadra di calcio italiana questa più titolata e con maggiori tifosi in Italia e all’estero. Inoltre, è stata presa in considerazione la comprovata attività di Juventus nel settore dei crypto games, cioè dei videogiochi basati su tecnologia blockchain.
Infine, il giudice ha ritenuto, ai fine dell’accertamento della violazione, che le registrazioni dei marchi rivendicassero espressamente (in particolare per la classe 9) le “pubblicazioni elettroniche scaricabili”, non ritenendo rilevante la mancata menzione di “prodotti virtualmente scaricabili” come invece argomentato dalla resistente.
Numerose questioni sorgono in merito all’inibitoria emessa dal Tribunale: tralasciando la difficolta di attuazione del provvedimento data l’impossibilita tecnica di rimuovere o modificare degli NFT, l’ordinanza funge da spunto e da sollecito per l’individuazione delle modalità di tutela dei marchi in ordine alle innovazioni derivanti dall’evoluzione tecnologica e digitale.
2. Come tutelare il marchio nel metaverso?
Alla luce di quanto esposto dal Tribunale, possiamo individuare tre vie alternative per assicurare la tutela del proprio marchio nel metaverso: la notorietà del marchio (i), la registrazione del marchio per gli NFT (ii), la concorrenza sleale (iii).
i. La tutela ultra-merceologica del marchio notorio
In primis, risulta di primaria importanza ricordare la particolare tutela di cui godono i marchi notori (di cui i marchi Juventus sono un chiaro esempio).
Il marchio notorio, in virtù della sua diffusa conoscenza presso il pubblico, gode di una protezione “ultra-merceologica” cioè una protezione che si estende anche a prodotti e/o servizi non affini a quelli rivendicati nella registrazione.
In tal senso, la disputa riguardante il club Juventus, ci permette di sottolineare come tali marchi godano di una piena protezione per i prodotti virtuali del metaverso come gli NFT, anche se non rivendicati in sede di deposito.
Tuttavia, i marchi che possono vantare una protezione ultra-merceologica sono una piccola minoranza e questo comporta la necessità di individuare altre modalità di tutela per le restanti tipologie per i marchi non notori.
ii. La registrazione del marchio per i prodotti della classe 9 (NFT)
Il tribunale si è poi soffermato sulla registrazione del marchio di Juventus depositato per “pubblicazioni elettroniche scaricabili”.
Alla luce di ciò, se una società ha interesse ad operare nel metaverso – fornendo prodotti legati a blockchain ed NFT – risulterà di fondamentale importanza porre una minuziosa attenzione alla rivendicazione dei prodotti in classe 9 (che comprende software e altre tecnologie informatiche) andando a specificare espressamente “File digitali scaricabili autenticati da token non fungibili [NFT]”. In alternativa, si potrebbe optare per una rivendicazione generica, quale “pubblicazioni elettroniche scaricabili” come quella dei marchi di Juventus, che alla luce della decisione sembrerebbero simili agli NFT.
Ricordiamo, tuttavia, il sempre necessario utilizzo del marchio nei cinque anni successivi alla registrazione al fine di evitarne la decadenza per non uso.
iii. La tutela fornita dalla disciplina della concorrenza sleale
Nondimeno, il Tribunale ha ritenuto significativo ricordare come l’uso non autorizzato del marchio altrui nello stesso ambito di mercato, nonché l’appropriazione indebita dei pregi a questo collegati, configuri un’ipotesi di concorrenza sleale.
Di conseguenza, la presenza effettiva nel metaverso può, in determinati casi, garantire la tutela del marchio anche in assenza di registrazione dello stesso per gli NFT.
In ultimo, sorge spontanea la domanda di come possano tutelarsi le imprese che non possiedono marchi notori, né marchi registrati per NFT e nemmeno sono attive in quest’ultimo settore.
Può, forse, essere ravvisato un interesse potenziale in capo ad ogni società ad operare nel metaverso? Se così fosse, si potrebbero integrare gli estremi di una concorrenza sleale potenziale, anche in mancanza di un’effettiva operatività nel mercato medesimo?
In ordine a questi quesiti sarà fondamentale verificare o, che l’imprenditore che non abbia ancora avviato la propria attività, risulti già in una fase organizzativa/preparatoria, oppure, in termini di rilevante probabilità, un’espansione nel futuro dell’attività imprenditoriale dell’impresa in quei settori in cui opera l’impresa “potenzialmente danneggiante”.
(Ordinanza del Tribunale di Roma, RG n. 32072/2022, 20.07.2022)
[1] Ai sensi dell’articolo 7 del c.p.i., un marchio d’impresa è protetto unicamente in relazione a determinati prodotti e servizi elencati con precisione nella domanda di registrazione.