Beata ignoranza. Risvolti della scarsa conoscenza dell’inglese in materia di marchi.

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Nel caso ecobell (fig.) v Ecobull [1] del 2022, la commissione di ricorso dell’EUIPO, nel confermare la decisione della divisione di annullamento sulla somiglianza tra i marchi, ha precisato che non si possa presumere una conoscenza approfondita ed uniforme dell’inglese sull’intero territorio dell’Unione Europea. Pertanto, nel raffronto tra due segni, dovrà prendersi come standard una conoscenza soltanto modesta della lingua inglese.

L’EUIPO, infatti, ha ritenuto che, in alcuni paesi dell’Ue, non si possa supporre che il pubblico di riferimento comprenda il significato di parole inglesi che siano particolarmente raffinate, cioè che appartengano ad un livello superiore al mero B1. Nel caso di specie, l’EUIPO ha considerato che le parole “bull” e “bell” non fossero comprensibili da un consumatore con un livello di inglese modesto (B1).

A sostegno di tale asserzione, l’EUIPO cita, tra gli altri, l’EF “English Proficiency Index” (la cui ultima versione è datata all’8 novembre 2023, EF EPI 2023 – EF English Proficiency Index) il quale dimostra come alcuni paesi dell’UE (ad esempio, Francia, Spagna e Italia), abbiano una conoscenza soltanto modesta dell’inglese, cioè uguale o inferiore al livello B1.

Alla luce di tale decisione, ci chiediamo quali possano essere i risvolti di una scarsa conoscenza della lingua inglese nel diritto dei marchi.


1. Raffronto concettuale


In primo luogo, nel valutare la somiglianza tra due marchi, contenenti termini inglesi simili ma non identici, appartenenti ad un livello superiore al mero B1, la conoscenza della lingua avrà un impatto sul raffronto concettuale tra i segni. Infatti, se entrambi i termini non saranno comprensibili dal consumatore, i marchi non saranno comparabili dal punto di vista concettuale, secondo la giurisprudenza comunitaria maggioritaria. Al contrario, se invece il significato di uno solo dei due sarà comprensibile al pubblico, dovranno essere giudicati dissimili sul piano concettuale.


2. Grado di distintività


In secondo luogo, la scarsa conoscenza dell’inglese potrà influenzare il grado di distintività di un marchio, con conseguente aumento dell’estensione della sua tutela.

Infatti, l’utilizzo come marchio di parole comprensibili e chiare al pubblico, afferenti ai settori dei prodotti o dei servizi contraddistinti dal marchio (es. “Allenamento” per il settore dell’allenamento sportivo) limita il grado di distintività del marchio stesso, rendendolo “debole” e, conseguentemente, limita l’estensione della sua protezione ai soli marchi identici o quasi identici.

Se però tali parole appartenessero al livello B2 di una lingua straniera (es. “Endurance” per il settore dell’allenamento sportivo), non se ne potrà supporre la comprensione da parte del consumatore e, di conseguenza, il marchio preserverà un carattere distintivo e una tutela normali.

Pertanto, la conoscenza della lingua da parte del pubblico ha un impatto sul carattere distintivo dei marchi e, dunque, sia sulla loro validità, sia sull’estensione della loro tutela e, di conseguenza, sul rischio di confusione con altri marchi.

Naturalmente, tali considerazioni devono essere mitigate da una riflessione sul settore economico a cui il marchio fa riferimento e, rispettivamente, sul pubblico a cui esso si rivolge.

Infatti, una buona comprensione dell’inglese dovrà essere presunta, indipendentemente dallo stato europeo coinvolto, in quei settori economici in cui l’inglese ha assunto un ruolo tale per cui la conoscenza di suoi termini basilari e tecnici non possa essere ignorata. Ad esempio, l’EUIPO aveva già affermato che, nei settori scientifici e dell’IT, le parole inglesi si presumono note al pubblico di riferimento, costituito prevalentemente da professionisti, che non ne possono ignorare la conoscenza (vedasi in Gateway v Activity Media Gateway, “gateway” nel settore IT).

Tuttavia, se i prodotti e i servizi dei due marchi sono diretti ad un pubblico sia di professionisti sia di “profani”, il carattere distintivo ed il rischio di confusione dovranno essere valutati in relazione al solo pubblico di non-professionisti.


3. Scenari futuri legati alla diffusione dell’inglese


Rimanendo in tema di carattere distintivo, un ultimo spunto interessante è chiedersi cosa potrebbe accadere in futuro a tutti quei marchi costituiti da parole inglesi non basilari avanti un qualche legame con i prodotti e servizi contraddistinti, quando le persone acquisiranno una conoscenza più acuta dell’inglese, anche nei settori in cui, oggi, la sua comprensione è modesta.

Nella migliore delle ipotesi, i marchi che oggi preservano un proprio carattere distintivo in quanto si suppone la non comprensione dei loro termini, perderanno la distintività che sempre li ha caratterizzati, con la conseguenza che essi diventeranno marchi “deboli”. Nella peggiore delle ipotesi, tali marchi potrebbero decadere in quanto divenuti “descrittivi” con conseguente vanificazione di tutti gli investimenti effettuati dai titolari per la promozione e la tutela dei propri brand.

Onde prevenire tale ipotesi, l’auspicio per questi marchi è che essi riescano ad acquisire carattere distintivo tramite il loro uso e, cioè, ottengano rinomanza nei territori dell’UE, prima che la padronanza dell’inglese si diffonda in modo uniforme in tutti gli stati membri. Solo così potranno evitare le altrimenti pregiudizievoli conseguenze di una sempre più presente globalizzazione ed internazionalizzazione che porta con sé una sempre maggiore conoscenza della lingua inglese.

Un virtuoso esempio di ciò è la nota marca di occhiali da sole “Ray-Ban”. Entrambe le parole da cui il marchio è costituito, infatti, secondo il dizionario Cambridge, appartengono all’inglese B1 e fanno riferimento alla protezione dai raggi solari; dunque, normalmente, il marchio dovrebbe avere un carattere distintivo ridotto e, pertanto, essere considerato “debole”. Tuttavia, Ray-Ban ha acquisito una rinomanza tale nel territorio europeo, che, quando si digitano tali parole nel traduttore inglese, esse non vengono tradotte, ma continuano ad individuare/a qualificare il marchio stesso!

Per consigli su come acquisire il carattere distintivo tramite l’uso… Appuntamento alla prossima newsletter!


[1] 11/09/2023, R 2539/2022-2, ecobell (fig.) / Ecobull

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